Se non siete assidui seguaci del college basketball, il nome di
Sindarius Thornwell, guardia in forza a South Carolina University,
potrebbe esservi estraneo, e d’altronde è normale che sia così, visto
che parliamo di un senior proveniente da un relativamente piccolo
ateneo, collocato a fine secondo giro dalla maggioranza dei mock draft
sparsi per il World Wide Web Draft Express lo piazza alla 57! .
Restare in South Carolina è stata una scelta per Thornwell, nativo
di Lancaster, cittadina di confine compresa nella cintura esterna
dell’area metropolitana di Charlotte. Uscendo da Oak Hill Accademy, in
Virginia, Thornwell era ritenuto il miglior giocatore dello Stato e
stava vagliando offerte di college più prestigiosi Ohio State, Virginia,
Wake Forest , ma lui e il suo sodale, PJ Dozier, optarono per la
squadra locale, anche a costo di rimetterci in termini di visibilità,
disponendo però di tanti minuti fin da subito e di un progetto
pluriennale costruito attorno a loro.
Non che South Carolina non abbia una storia, anzi. USC è un college
che annovera tra i propri alumni gente del calibro di Mike Dunleavy e
Alex English, Brian Winters e Frank McGuire. Quanto a tradizione
cestistica però, la Carolina del sud non vale il suo stato gemello del
nord, e la vicinanza a tanti grandi atenei del sud est l’ha
sostanzialmente condannata all’irrilevanza.
La stagione 2016 17 di South Carolina non pareva destinata a
invertire la tendenza, ma il club dei senior Thornwell, Duane Notice e
Justin McKie ha contribuito a trasformare un improbabile Farewell’s Tour
in una campagna vincente che ha trascinato i Gamecocks al torneo NCAA
dopo aver chiuso la Southeastern Conference col bilancio di 12 6, per
poi approdare addirittura alle Final Four, al termine di una March
Madness da urlo.
Il trio ha iniziato a scherzarne a dicembre, inventandosi un tour
d’addio al college basketball prima di una partita contro Seton Hall in
quell’occasione ebbero l’opportunità di calcare il parquet del Madison
Square Garden scattando foto per i social, salutando simbolicamente i
palazzetti nei quali non sarebbero più tornati –non come giocatori di
USC, perlomeno.
Dopo aver stracciato Marquette 93 73 al primo turno di un torneo che
normalmente li vede spettatori non vincevano una partita dal 1973 e non
si qualificavano da 13 anni! , i Gamecocks si sono ritrovati dinanzi
nientemeno che i Blue Devils di Mike Krzyzewski, e insomma, diciamolo
serenamente, sembrava di essere arrivati ai titoli di coda in una
stagione degna comunque d’essere incorniciata.
USC è però scesa in campo col piglio giusto, usando la propria
fisicità e giocando bene in difesa –caricata a molla da coach Frank
Martin– riuscendo nell’impresa di rispedire a casa la numero 2 del
tabellone col punteggio di 88 81, in un duello che, se si fosse basato
sul blasone, non avrebbe avuto mai e poi mai avuto ragion d’essere; le
partite però si vincono sul campo, e se si gioca con determinazione,
usando le proprie armi al meglio, non esistono squadre imbattibili.
Il destino ha voluto riportare Thornwell, McKie e Notice al MSG,
questa volta per un’impronosticabile partita di Sweet Sixteen contro
Baylor, vinta agevolmente con venti punti di distacco e Sindarius
Thornwell sugli scudi, con 24 punti e una difesa impeccabile su
Jonhathan Motley Zach Collins Jersey,
che fa il paio con la sua splendida esibizione in marcatura contro il
6’9’’ Amile Jefferson così come contro il piccolo Grayson Allen.
Consapevoli di non aver nulla da perdere, gli uomini del
cinquantunenne Martin figlio di esuli cubani, è alla seconda esperienza
da capo allenatore, dopo aver guidato Kansas State dal 2007 al 2012 non
si sono lasciati intimorire nemmeno dai Florida Gators, rivali della SEC
insomma, rivali fino ad un certo punto il garbage time iniziava
normalmente a fine primo tempo… e favoriti della vigilia.
Sindarius ha piazzato forse la sua miglior partita offensiva, con 26
punti, 8 13 dal campo, conducendo i Gamecock al trionfo 77 70 dopo
essersi trovati sotto di 7 all’intervallo, in una partita molto più
combattuta di tutte le altre disputate fino a quel momento, vinta coi
tiri liberi di Thornwell, e con la difesa, capace di inchiodare i Gators
ad appena 3 canestri negli ultimi quattro minuti di gara, e di
guadagnarsi le lodi di coach Mike White, che fanno il paio con gli elogi
di Krzyzewski.
“È uno dei migliori giocatori del Paese”, questa l’opinione di
White, mentre secondo l’olimpionico coach di Duke, Thornwell è “il
migliore, tra i grandi giocatori inattesi negli Stati Uniti”. Sindarius
ha già mostrato una notevole testa al netto di un’infrazione per guida
sotto l’effetto di sostanze e con la patente sospesa, costatagli uno
stop di 6 partite restando sul pezzo senza sedersi sugli allori anche
quando i media nazionali iniziarono a filarselo e i tanti messaggi di
congratulazioni ricevuti gli mandarono in tilt il telefono.
Normalmente un torneo NCAA di questo tipo fa salire le quotazioni di
un giocatore in ottica NBA, spingendolo magari addirittura in zona
lottery pick, mentre Thornwell, ignorato nei suoi primi tre anni di
college, è ritenuto https://www.gonzagabasketballjersey.com/dustin-triano-jersey-c-19.html,
nella migliore delle ipotesi, una scommessa buona per un contratto non
garantito, nonostante sia stato il capocannoniere del torneo NCAA.
Forse la situazione sarebbe diversa se USC non fosse andata a
sbattere contro i Bulldogs di Gonzaga, perdendo a un centimetro dal
traguardo, con un Thornwell non al meglio ma comunque capace di recitare
il ruolo di protagonista nella rimonta fino al 73 77 finale . È
certamente vero che, con tutta la tecnologia e le ore di videotape a
disposizione degli scout NBA, esiste la tendenza a sottovalutare i
giocatori provenienti da programmi reputati minori.
È successo con Steph Curry da Davidson , con Isaiah Thomas
Washington e con Damian Lillard Weber State e capiterà nuovamente in
futuro. Quel che importa, ai fini della nostra disamina, è capire se può
essere questo il caso di Sindarius Thornwell, e per quale motivo “bias”
a parte le squadre NBA non lo vedono come un prospetto sul quale
investire.
Thornwell non è un giocatore velocissimo, quanto piuttosto la tipica
guardia di buon atletismo che al college se la cava egregiamente con i
suoi notevoli istinti cestistici, ma destinata a pagare dazio, al piano
di sopra, contro avversari altrettanto validi, ma molto più rapidi e
verticali.
Troverà Kevin Durant, che chiude il palleggio alla linea del tiro da
tre ed è comunque in grado di finire schiacciando, dovrà marcare i
Kyrie Irving, i James Harden, e via dicendo in questo momento è opinione
comune che una guardia NBA possa permettersi di non essere velocissima
di piedi solo se dispone di un tiro mortifero JJ Redick c’è riuscito , e
non è questo il caso i Thornwell.
Sindarius è stato ondivago nelle sue prime tre stagioni, oscillando
tra il 33 e il 38 , quindi ci sono dubbi sulle possibilità di reggere
nel lungo periodo il 44 di questa stagione, nonostante abbia una
meccanica tutto sommato compatta. Ci sembra opportuno rilevarne il
percorso in sostanziale crescendo, ma una franchigia NBA deve esaminare
spassionatamente ogni prospetto, e una scelta al primo giro non può
essere spesa con leggerezza.
Anche le sue cifre a rimbalzo arriva a 7.1 di media, dopo essersi a
lungo assestato attorno ai 4.6 non potranno reggere il confronto con
l’NBA, perché, a 6’5’’ circa 196 cm è una guardia abbastanza piccola, e
Sindarius non è certo un saltatore alla Andrew Wiggins. Coach Martin
l’ha usato sempre più spesso da stretch four, ma nonostante
l’applicazione difensiva e la forza fisica, è difficile immaginarlo in
quel ruolo a livello NBA.
È un buon palleggiatore e sa leggere le situazioni, ma la sua scarsa
rapidità di base abbinata a una verticalità limitata da fermo salta
appena 76 centimetri ne limiteranno inevitabilmente l’impatto rispetto
all’NCAA, dov’è abbonato al ventello. Per giunta, Sindarius non è un
giocatore molto aduso al tiro da tre, e quindi dovrà lavorare su
quest’aspetto –cruciale– del gioco.
A completare il quadretto dei difetti di Thornwell, aggiungiamoci
l’età; Sindarius è nato nel 1994 sia pure in novembre e quindi, per le
franchigie NBA, è da intendersi come un prodotto finito, non uno di quei
“prospetti” che vanno per la maggiore. Insomma, il discorso sembra
chiuso, che senso ha prendere una guardia piccola, stagionata, senza
tanti punti nelle mani, e per giunta non particolarmente atletica?
Per prima cosa, c’è la difesa Andrew Rosey, di Marquette, l’ha
definito un mostro, uno che “avrà una grande carriera” proprio grazie
alla capacità di schienare il miglior attaccante della squadra
avversaria. Purtroppo non l’abbiamo quasi mai visto all’opera contro
prospetti di primissimo piano, salvo Malik Monk di Kentucky, contro il
quale ne ha messi 34 subendone 27.
È poi stato capace di far vedere i sorci verdi a Luke Kennard la
star dei Blue Devils di Duke , che però ha il suo stesso problema, non
essendo propriamente una saetta o uno di quegli atleti che toccano la
parte superiore del tabellone; possiamo quindi dire che non è testato
fino in fondo contro specimen fisici di livello superiore.
Sindarius Thornwell ha pregi –quelli che gli hanno consentito di
guidare la sua squadra fino alle Final Four– difficili da rilevare per
gli strumenti sabermetrici oggi in voga; si tratta della capacità di
soffrire, di adattarsi con intelligenza al contesto, unita ad una
elevata conoscenza dei fondamentali abbinata alla propensione per la
lotta.
Nessuno pensa che il giocatore più forte mai uscito da Lancaster
copyright del suo allenatore AAU… diventerà una stella NBA, ma è un
ragazzo con le carte in regola e le risorse mentali e tecniche per
rendersi utile in ogni tipo di franchigia. In questo senso, è possibile
che qualcuno, nelle segrete stanze dei front office, ci stia facendo un
pensierino, magari con una chiamata tra la 25 e la 30, anche perché
alcune squadre, come Portland, hanno tante selezioni, e possono
“rischiarne” una.
Nbadraft.net lo colloca alla 38, e lo paragona ad Aaron McKie fu
Sesto Uomo dell’Anno nei Sixiers di Iverson, quelli che persero la
Finale contro i Lakers nel 2001 e giustamente ne evidenzia la fisicità
dirompente e il gusto per il contatto fisico, usato anche per andare in
lunetta o per finire in verniciato, dove non arriva grazie
all’esplosività, quanto con lavoro di piedi e capacità di usare gli
angoli giusti.
Thornwell non è chiaramente un giocatore da isolare su un quarto di
campo, o uno slasher da contropiede, quanto piuttosto un pezzo utile a
ogni tipologia di squadra, un ragazzo capace di portare in dote letture,
durezza mentale e fisica, un discreto catch and shoot forse un po’
lento nel rilascio , e tanta mentalità, quella che passa sotto al radar
sabermetrico, ma rivelatasi cruciale nel percorso esaltante di South
Carolina University.
La testa poi, può aiutare un cestista semi sconosciuto e all’apparenza insignificante a diventare un giocatore speciale Kyle Wiltjer Jersey,
come insegna Manu Ginobili. Non pensiamo che Thornwell avrà una
carriera paragonabile a quella dell’Anguilla di Bahia Blanca, ma ci
sembra ingenerosa tutta questa fretta nel relegarlo in fondo al draft,
dietro a variopinti personaggi provenienti dai quattro angoli del globo,
dotati di un non meglio specificato “potenziale” cestistico o
folcloristico, è da stabilirsi .
D’altronde, Thornwell è già stato sottovalutato e ha smentito tutti https://www.gonzagabasketballjersey.com/killian-tillie-jersey-c-18.html,
come quanto fu escluso dalla lista dei papabili per il Naismith Player
of the Year, salvo fare meglio dei vari Caleb Swanigan, Josh Hart, Lonzo
Ball e Frank Mason III durante il torneo NCAA. Essere sottostimato è la
benzina che gli ha consentito di eccellere, come dice lui stesso nel
suo inglese un po’ strascicato, quando parla di “chip on his shoulder”.